Lo Studio Legale Paganini, da sempre attento ai temi legati al diritto dell’immigrazione, segnala una recente decisione della Corte di Cassazione (sentenza n. 8369/19, depositata il 26 marzo 2019), che ha ribadito il seguente principio di diritto:
“In tema di espulsione amministrativa dello straniero, grava, invero, sull’amministrazione l’onere di provare l’eventuale conoscenza della lingua italiana o di una delle lingue c.d. veicolari da parte del destinatario del provvedimento di espulsione, quale elemento costitutivo della facoltà di notificargli l’atto in una di dette lingue, ed è compito del giudice di merito accertare in concreto se la persona conosca la lingua nella quale il provvedimento espulsivo sia stato tradotto, a tal fine valutando gli elementi probatori del processo.”.
Un cittadino bengalese ha impugnato il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Roma, cui era seguita un’intimazione del Questore a lasciare il territorio nazionale, sostenendo che tali provvedimenti non erano stati tradotti in lingua bengalese, unica lingua da lui conosciuta. Il giudice rigettava l’opposizione deducendo che il decreto era stato tradotto in una delle cosiddette lingue veicolari vista l’impossibilità di reperire con urgenza un traduttore della lingua bengalese.
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha dato ragione al ricorrente bengalese dichiarando, pertanto, nullo il provvedimento di espulsione impugnato.
Si allega la sentenza per l’approfondimento della tematica in questione.
_20190326_snciv@s10@a2019@n08369@tS.clean
Avv. Federico Maraviglia
Studio Legale Paganini